- Al termine della scalinata posta a
destra, appena oltrepassata la Porta-Torre dell’Orologio, sorge la
Chiesa del Varò, termine spagnolo che tradotto significa Visitazione.
- La chiesa fu eretta a spese del Cav.
Blasio Corvaja sul finire del sec. XVIII, e l’opera fu terminata da suo
fratello Sigismondo all’inizio del sec. XIX, come si rileva da una
iscrizione incisa sul pulpito, ma su un’altra chiesa già costruita dalla
famiglia Romano, poiché nella chiesa c’è la tomba-mausoleo di Giovanni
Romano e Dente, morto nel
1699, e ci sono le statue di
San Gaetano e di San Francesco di Paola che recano scolpito lo stemma
della famiglia Romano, bisogna pensare che la chiesa esisteva già,
- e che l’opera dei fratelli Blasio e
Sigismondo Corvaja sia consistita nel restauro e nell’ingrandimento
della preesistente chiesa, probabilmente per motivi affettivi, essendoci
una parentela fra le due nobili famiglie dei Romano e dei Corvaja.
- L’architettura della Chiesa del Varò
è molto modesta e si presenta come una massiccia costruzione senza uno
stile ben definito, cioè una costruzione comune e rustica. Nella
facciata principale, che sorge in via Conte Ruggero, una breve scalinata
che congiunge la piazzetta del Varò, con Via Tommaso Fazzello, si apre
il portale, la cui soglia, stipiti ed architrave sono in pietra di
Taormina; il portale, molto alto, è sovrastato da una finestra con
davanzale e stipiti in pietra di Siracusa, e mancante dell’architrave a
semiarco, che fu certo asportato per essere usato altrove, dato che è
rimasto in loco l’incavo nella muratura in cui era alloggiato.
- Sopra la finestra c’è una finestrella
chiusa a mattoni, e queste tre aperture costituiscono la decorazione
della facciata principale.
- Nella facciata est, che continua la
facciata principale a sud, si apre un altro portale, a cui si accede
attraverso una breve scala a doppia rampa con ringhiera in ferro
battuto; questo portale, che si affaccia nella piazzetta del Varò, che
prende il nome dalla chiesa, ha stipiti ed architrave in marmo rosa di
Taormina.
- In alto, a distanza simmetrica, si
aprono in questa facciata tre finestre con stipiti ed architrave a
semiarco in pietra di Siracusa, dello stesso stile della finestra della
facciata principale.
- Nella parte posteriore della chiesa
c’è il piccolo campanile incorporato nella fabbrica, di cui costituisce
lo spigolo di nord-est; esso è sostenuto da due archi, di cui uno è
nella facciata est e l’altro nella facciata nord, i quali sono
sovrastati da due finti archetti in muratura. La minuscola torre
campanaria ha un’apertura sulla facciata est, in cui sono alloggiate due
campane, mentre sul lato nord ha due finestrelle ad arco, in una delle
quali è alloggiata una terza campana.
- La quarta facciata ad ovest non è
visibile all’esterno, dato che la chiesa è sotto il livello stradale
(cioè sotto la via Fazzello), per tutta la lunghezza di questa facciata.
- Nel passato fu rinomata la
Congregazione del Varò, di cui potevano far parte solo i nobili, ed essa
ebbe tanta importanza.
- Nella chiesa c’è la tomba comune
della Congregazione del Varò, sulla quale c’è questa iscrizione:
- A filo vita, a vita mors, a
morte aeternitas Nemini parco. Mihi hodie, cras tib.
Quid Superbis pulvis et cinis?
Et dives, et fortis Veniunt ad funera mortis.
An. Dom. 1776.
-
Fra la prima e la seconda parte di questo
epitaffo c’è scolpito un teschio fra le tibie incrociate, e la
traduzione è la seguente : “ La vita pende da un filo, la morte dalla
vita, l’eternità dalla morte. Non risparmio nessuno. Oggi a me, domani a
te. Perché insuperbisci polvere e cenere? Il ricco, il forte, vengono ai
funerali della morte”. Anno del Signore
1776.
-
Sulla parete dietro l’altar maggiore c’è
un affresco del pittore messinese Vincenzo Tuccari, che è datato 1699; l’affresco rappresenta il trionfo della Croce, in
cui domina la figura di San Michele Arcangelo crocifero, che è
attorniato da una miriade di angeli festosi.
-
Su un altare minore c’era un antico
dittico (oggi si trova al Museo di Messina), cioè una pittura a tempera
su tavola di legno divisa in due parti, rappresentante “la Visitazione
di Maria Vergine”; è questo dipinto che dà il nome alla chiesa del Varò
o della Visitazione, ed esso è opera del pittore del messinese Antonino
Giuffrè, di cui resta il magnifico trittico che rappresenta pure la
Visitazione e si trova nella Basilica Cattedrale.
- Basandoci sul dittico della
Visitazione, eseguito dal Giuffrè nella seconda metà del 1400, si deduce che la chiesa del Varò risale almeno al
sec. XV, ciò conferma l’idea che i fratelli Corvaja si limitarono a
restaurare la chiesa fra la fine del 1700 e il principio del 1800.
- Nella parte posteriore della chiesa
del Varò e sotto il campanile, c’è una cripta antichissima che bisogna
attraversare per arrivare al palco dove c’è l’organo della chiesa; in
essa si adorava un grande crocifisso dipinto ad affresco, di cui restano
tracce nel muro della cripta.
- Probabilmente questa cripta risale ai
primi secoli dell’era cristiana, al tempo delle persecuzioni, quando i
cristiani erano costretti a rifugiarsi in luoghi nascosti e sotterranei
per professare la loro fede; infatti cripta vuol dire luogo nascosto,
dal greco criptos.
- Se l’ipotesi della cripta è giusta,
bisogna ritenere la chiesa del Varò, come la chiesa più antica di
Taormina, dato che le cripte erano delle vere e proprie chiese al tempo
delle persecuzioni contro i cristiani.
- A destra dell’altare maggiore si
trova la tomba del Conte Giovanni Romano e Dente
con la statua dormiente
del Conte, con la targa che porta il seguente testo:
- D.O.M. D. Johannes Romano et
Dente Tribuni militum Proprietate a Caroli Secondi Hispaniarum regis
Cattolica maiestate decoratus, ac a seispo divinae Providentiae sibi
Jesuxpi crucifixi, et deiparae
Dolorosissimae gratia
favente filius sempre reputatus, ne parca suos prius
recideret grssus et annos aeternos
persaepe cogitando
viventem se reddens hoc ante sepulcrum mortuus inde auxilio consequende
finalis gratiae perenniter viveret in coelo. Objit XI Agusti Ann.
MDCXCIX Aetatis suae LVII.
- la traduzione è la seguente: “ A Dio
ottimo massimo, don Giovanni Romano e Dente, decorato con il titolo di
tribuno (Comandante) del Presidio militare di Sua Maestà cattolica Carlo
II, re degli spagnoli, e da se stesso sempre reputatosi figlio della
divina provvidenza e di Gesù Crocifisso ed implorante la grazia della
dolorosissima Madre di Dio affinché la Parca non recidesse prima del
tempo il suo cammino e pensando molto spesso di vivere anni eterni per
effettuare tutto ciò che aveva in animo di fare prima di morire e di
essere sepolto e poi, con il conseguito aiuto della grazia finale, di
vivere eternamente in cielo.
- Morì l’undici Agosto dell’anno 1699 a 57 anni della sua età”.
- Infine, diciamo che la chiesa del
Varò ha una sola navata, secondo la tradizione delle chiese di quartiere
e periferiche, che servivano ad un limitato numero di fedeli.
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STORIA DELLA
CONGREGAZIONE DEL VARO'