STORIA DELLA BASILICA CATTEDRALE
La Cattedrale è uno dei più belli e più antichi monumenti medioevali di Taormina, sebbene abbia sofferto vari restauri in tempi diversi; è una costruzione che rivela un particolare gusto locale, sia per la sua architettura sia per le sue decorazioni.
La Cattedrale ha l’aspetto di una costruzione normanna, in quanto nel suo aspetto architettonico sembra una vera e propria cattedrale-fortezza. La costruzione della Cattedrale deve porsi tra il sec. XII e XIII e fu edificata su una preesistente piccola basilica medievale e ciò è confermato dalle volte con crociere a costoloni delle absidi e dalle decorazioni delle finestre e dei portali. L’interno della Cattedrale è quello di una chiesa a croce latina con tre navate, una principale centrale e due secondarie laterali e tre absidi. L’abside, cioè la parte semicircolare della chiesa che accoglie l’altare maggiore, è l’unica che si distingue nella pianta rettangolare della chiesa, perché solo come volume, le sue masse risultano differenziate. La navata centrale della Cattedrale è sostenuta da sei colonne, tre per lato, su cui poggiano quattro arcate per lato; 
queste sei colonne di marmo rosa di Taormina sono quattro monolitiche, cioè costruite da un solo blocco di marmo e due rotte in due soli pezzi; esse forse provengono dal teatro Greco. I capitelli di queste sei colonne sono uguali e tozzi, e sono decorati con foglie a squame di pesce, mentre le loro basi sono scolpite con volute agli angoli. La navata centrale, come pure il transetto (cioè la navata trasversale che corrisponde al braccio corto della croce latina), è coperta con soffitti di legno, maestrevolmente sistemato e lavorato, le cui travi hanno mensole intagliate che riproducono motivi tradizionali arabi, interpretati con gusto gotico. Il soffitto della navata centrale è più recente di quello del transetto, e le due navate minori erano una volta munite di feritoie. Le due finestre a sesto acuto che ci sono nel prospetto principale sembrano più tardive, dato che in origine dovevano esistere solo le finestre aperte in alto nei muri di sopraelevazione delle navate centrale e del transetto, in numero di tre per lato; infatti, durante il restauro della Cattedrale (ad opera di Armando Dillon) è stata messa in luce una bassa finestra archiacuta simile a quelle della facciata principale. Il portale maggiore fu ricostruito nel 1636, per decisione dei Giurati di quel tempo (gli amministratori locali) come risulta dalla lapide posta sopra il portale, in cui c’è la seguente iscrizione: D.O.M Divo Nicolao templi Patrono Portam e phario lapide Franciscus Crorvaja, Joseph Martianus Antoninus Romanus, Thomas Corvaja Urbis patres postere AN. DO. MDCXXXVI  la cui traduzione è questa: “A Dio ottimo massimo, Francesco Corvaja, Giuseppe Marziano, Antonino Romano, Tommaso Corvaja, padri della città, eressero la porta del tempio con marmo pario al divino Patrono Nicola, nell’anno del Signore 1636”. In origine il portale era ad arco acuto, e la traccia di esso è ancora visibile al di sopra del nuovo portale nella muratura del lato destro; gli stipiti che recano scolpite le 11 figure per lato, sono quelli originali dell’antico portale e sono di stile bizantino.
Anche le due basi di colonna a forma leonina e con stemma di Taormina che ora sono sui gradini dell’altare maggiore, in origine erano poste davanti all’ingresso principale e sostenevano le due colonne del pronato, cioè del portico antistante al portale maggiore. Sopra il portale c’è una grande finestra rettangolare che probabilmente sostituì un’altra finestra bifora del 1400 ad arco acuto. Ancora più in alto c’è il classico rosone rinascimentale del 1500. Sia la facciata principale, che quella secondarie laterali del della Cattedrale, sono decorate e sormontate da merli pieni che gli conferisce l’aspetto della cattedrale-fortezza dell’epoca feudale. Quando fu rifatto il portale principale, secondo lo stile del sec. XVII, alcune trasformazioni furono estese anche all’interno della Cattedrale. I due bei portali delle facciate laterali a est e ad ovest, sono di due epoche diverse; quello occidentale (ovest), dirimpetto al Municipio, è di marmo bianco e risale alla prima metà del 1400. Sia gli stipiti, che l’architrave e l’arco acuto soprastante, contornato da nera pomice di lava, sono scolpiti a bassorilievo e raffigurano la mistica vite che nasce da due vasi; sull’architrave, fra San Pietro e San Paolo c’è la figura benedicente di Gesù Cristo. Nella facciata ovest della Cattedrale, al di sopra e lateralmente al portale, si apre una finestra ad arco acuto, uguale a quelle del prospetto principale, ed in cima c’è un altro bel rosone lavorato in pietra di Siracusa, che è identico per grandezza e per stile a quello della facciata principale. Il portale della facciata orientale (est), che non è visibile perché l’accesso ad esso è chiuso al pubblico, essendoci lì accanto l’ingresso della casa canonica dell’Arciprete, è coevo, dello stesso tempo, del rosone e delle finestre del prospetto principale, che sono del 1500.
Gli stipiti e l’architrave  con mensole sono in pietra di Taormina, mentre l’arco acuto soprastante, bordato di nera pomice lavica, è in pietra di Siracusa, come le colonnine che affiancano gli stipiti; il timpano dell’arco acuto è ornato con archetti trilobi. Anche questa facciata della Cattedrale è decorata in alto da un grande rosone , che è in corrispondenza simmetrica con quello della facciata ovest, (dirimpetto al Municipio), per cui la Cattedrale è ornata di ben tre rosoni di pietra di Siracusa, stilisticamente affini nel loro disegno architettonico e nel loro lavoro di traforo, e cioè nel prospetto principale e nelle due facciate laterali di est ed ovest. Il portale principale, ricostruito nel 1636, ha due colonne scanalate di stile corinzio sorgenti da alte basi, e sopra l’architrave c’è un frontone spezzato, che è riprodotto anche sopra la lapide dedicatoria; sopra i capitelli delle colonne fanno capolino la facce di due angeli. Sugli stipiti del portale principale sono scolpite undici figure umane su ogni stipite, cioè in tutto ventidue figure, di cui la prima intera di un vescovo benedicente con mitra in testa e bastone pastorale , in posizione assisa, mentre tutte le altre figure sono rappresentate a mezzo busto, dentro lunette che le incorniciano. Queste ventidue figure rappresentano Santi e Apostoli, ma l’identificazione di essi non è facile, dato che bisognerebbe studiare ogni singola figura nei minimi particolari per individuare il personaggio.
Lo stile gotico-normanno della Cattedrale, oltre che dalla severità architettonica esterna, di cui è elemento tangibile la merlatura che corona tutta la costruzione, è rivelato dalla attuale torre campanaria. La parte che sorregge ed ospita le campane al di sopra dell’abside, somigliante ad una pagoda giapponese, e che risale al 1750, non ha cancellato la bellezza originaria di questa torre cilindrica a due piani, di cui il secondo è più piccolo del primo. Questa torre, situata nella parte posteriore della fabbrica, ci fa capire che in origine, forse, la Cattedrale fu effettivamente una fortezza, di cui la torre era il baluardo. Tutta la parte posteriore del Tempio fu rimpasticciata nel 1747.
Un marmo murato nella cappella delle Grazie dice essersi ivi trasportati – Er ecclesia divi Petri an. Dom. 1747 i piastrini, i costoloni e tutto ciò che essa possiede di arco acuto, materiale che non andò tutto a posto e si dovette invece accomodare la volta sui costoloni.
Nel 1945-48, la Cattedrale fu integralmente restaurata dall’Arch. Armando Dillon, e furono messe in luce le primitive strutture delle arcate dell’abside, che erano state nascoste da stucchi barocchi.
Sono state ripristinate le coperture a terrazzo sulle navate laterali, ed il restauro, oltre a rimettere in luce, per quanto possibile, la  bellezza architettonica originaria, ha consolidato tutta la struttura della fabbrica della Cattedrale.
La cattedrale è consacrata a San Nicolò, vescovo di Mira in Licia, una regione dell’attuale Turchia, morto nell’anno 347 d.C., il quale subì la persecuzione di Diocleziano e di Licinio, imperatori romani; egli fu uno dei Padri del Concilio di Nicea, convocato nel 325 dal papa San Silvestro e dall’imperatore Costantino il Grande, in cui fu condannata l’eresia di Ario, il prete di Alessandria d’Egitto che negava la consustanzialità e l’unità delle tre Persone della SS. Trinità e diceva che il Verbo era stato tratto dal nulla da Dio Padre e che perciò era inferiore a Lui, benché creato perfettissimo; donde conseguiva che Gesù Cristo era niente più che una creatura umana ed il Cristianesimo una nuova forma di idolatria.
L’interno è arredato di bellissimi marmi di Taormina, di pitture e di quadri.
In passato nella Cattedrale vi erano conservati due quadri( che oggi non si sa dove siano finiti) pregevoli:
Quadro della “Deposizione della Croce” del 1650 di Ioseph; è bene espressa la rigidezza del Cristo morto e la pietà dell’Addolorata. Con anacronismo feroce vi sono accoppiate figure come quella di S.Ignazio di Lojola e di altri gesuiti potentissimi ai tempi del pittore. Quadro della “Pentecoste” firmato XX, del 1771, non privo di merito per buon disegno, espressione, bella varietà delle teste e per colorito bene intonato. Oggi nella Cattedrale si conservano alcuni quadri di provenienza diversa: una pala d’altare del 1500 di Alfonso Franco, che rappresenta la Vergine Maria con Gesù Bambino in trono, fra il Profeta Elia e San Giovanni Battista; la parte più bella di questo dipinto è la figura del Padre Eterno in alto,  che ha davanti a sé il Cristo crocifisso, e il cui sguardo incute soggezione, come se fosse vivo; in basso, nella predella e in una forma circolare c’è dipinto il Cenacolo di Leonardo da Vinci, e lì si legge il nome del pittore. Un polittico, cioè un quadro con pittura su tavola di legno in più pezzi da comporre, ad opera di Antonello de Saliba nipote di Antonello da Messina che risale al 1400 e che rappresenta nel pannello centrale la Vergine Maria col Bambino Gesù, fra San Gerolamo e San Sebastiano; San Gerolamo è in ambito cardinalizio e tiene in mano una miniatura di basilica medievale, mentre ai suoi piedi c’è un leone rampante, chiaro riferimento al suo eremitaggio nel deserto, mentre San Sebastiano, nudo e immobile nel martirio, ha numerose frecce conficcate nel corpo. In alto, al centro c’è la Deposizione di Gesù Cristo, che è sorretto da due angeli, e ai lati ci sono Santa Lucia e Sant’Agata incoronate, a tre quarti di figura e coi loro attributi martirologici, cioè Santa Lucia con gli occhi in un vassoio in quanto martirizzata a Siracusa nel 304 d.C. con l’estirpazione degli occhi e Sant’Agata con le mammelle serrate da una tenaglia, dato che subì il martirio con l’estirpazione delle mammelle.
Nella predella in basso, c’è il Redentore, alcuni Apostoli e altri Santi, alcuni finemente lavorati nelle teste.
Il Polittico è incorniciato da un ricco e delicato lavoro di intaglio traforato e dorato, con colonnine e pinnacoli, secondo lo stile gotico. Autore della ricca cornice fu Giovanni de Saliba, padre del pittore dello stesso Polittico.
Questo Polittico proviene dall’ex-chiesa di San Sebastiano, poi  Sant’Agostino (in quanto passato agli agostiniani), oggi sede della Biblioteca comunale. Un Trittico, una pittura a tempera su tre pannelli lignei componibili, che rappresenta nel pannello centrale la Vergine Maria e Santa Elisabetta, nella scena comunemente detta della “Visitazione” , nel pannello a destra San Giuseppe e in quello di sinistra San Zaccaria. Le figure sono ancora scialbe, ma la maniera di dipingere rappresenta progresso per l’arte siciliana, in quanto in questo Trittico viene abbandonato lo stile bizantino che aveva finora dominato in Sicilia. Autore di questo Trittico fu Antonino Jufrè, come si legge nella firma posta sul cartellino, seguita dalla data 1457. Davanti all’altare maggiore, a destra e a sinistra sui gradini, ci sono due basi di colonna gemelle di marmo bianco, con figura di leone accosciato, con coda sul dorso e con le zampe anteriori che sostengono l’emblema di Taormina, cioè il Centauro: queste due basi di colonna risalgono al 1500.
Sull’altare della cappella a destra dell’altare maggiore, detta cappella delle Grazie, c’è una statua in alabastro della Madonna col Bambino Gesù in braccio, che risale al 1400 ed è attribuita allo scultore palermitano Antonio Gagini.
Questa cappella fu costruita nel 1747 a spese di un devoto, come dice l’iscrizione e composta di marmi tolti tutti dal Teatro Greco; questa cappella fu costruita coi marmi della Cappella gotica della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo.
In questa cappella si conservano le famose tavole di marmo che contengono i nomi dei Ginnasiarchi della città e sull’altare la suddetta statua del Gagini.
Sull’altare della cappella a sinistra dell’altare maggiore, detta cappella del Sacramento; è internamente ed esternamente opera del 1600 per cui le tre absidi che sporgono dal lato posteriore hanno perduto ogni traccia della simmetria antica e della loro forma originaria. In questa Cappella c’è un sarcofago di marmo senza il nome del defunto, ma con lo stemma della famiglia, formato da uno scudo ovale, ripetuto ai due lati, e diviso perpendicolarmente a metà, con l’aquila fra le fiamme con gli occhi al sole e con il fiordaliso sopra tre castelli; sulla tomba c’è questa iscrizione: Hospes disce. Baro natus opibus et utroque Foelix jure. Urbi splendor et intereo. cioè : « Visitatore apprendi. Sono nato Barone, ricco ed esperto nell’uno e nell’altro diritto (diritto canonico e civile). Feci onore alla città e muoio  > Addossato al pilastro, davanti alla Cappella del Sacramento, a sinistra dell’altare maggiore, c’è un seggio fatto coi bellissimi marmi di Taormina, detto il Seggio dei Giurati, che è sovrastato dallo stemma reale di Spagna, l’aquila bicipite con gli aquilotti.
Sopra il seggio dei Giurati c’è questa dedica: In obsequium fidelitatis urbs nostra Haec regia stemmata erigit quorum
Magnificentia et splendore hoc subsellium Illustrari ac decorari jusserunt Spectabiles Ioann. Franc. Pascalius D. Ioannis Baptista Allegria = VI. D.D. Cesar Cariddi VI: D.D. Paulus Denti urbis patres Anno Domini MDC; la cui traduzione è la seguente: " La nostra città, come segno di fedeltà, pone questo stemma reale, con la magnificenza e lo splendore del quale, gli spettabili don Giovanni Francesco Pasquale, don Giovanni Battista Allegria, don Cesare Cariddi, don Paolo Denti, Padri della città, ordinarono che fosse illustrato e decorato questo seggio. Nell’anno del Signore 1600. Sul secondo altare della navata a sinistra, c’è la statua in marmo di Sant’Agata, patrona di Catania, opera del 1400 dello scultore Martino Montanini; questa statua proviene dalla distrutta chiesa di San Domenico (che in origine era intitolata a S.Agata). La statua mostra nella mano destra la tenaglia che serra un seno, a significare il supplizio a cui fu sottoposta la vergine martire catanese, le cui scene sono scolpite nel bel piedistallo della statua.
Nella Sagrestia del Duomo si conservano i quadri-ritratto ad olio dei vari Arcipreti che nel tempo hanno guidato il clero a Taormina; inoltre, vi si conserva il cosiddetto Tesoro della Cattedrale, che comprende oreficerie di vario genere, più o meno preziose, consistenti in calici, pissidi, ostensori, incensieri, e inoltre, paramenti sacri sacerdotali ricamati con filo d’oro e d’argento, come pianete, stole, tuniche, cotte; molti pezzi del Tesoro risalgono al sec. XVII.
Entrando dal portale principale e scesi i gradini di accesso, a destra e accanto alla prima colonna della navata a destra, c’è un bellissimo Fonte battesimale o Battistero, scolpita in un blocco monolitico di marmo rosa delle cave di Taormina, come quello delle colonne, ricco di belle venature.
 
IL RESTAURO DEGLI ANNI 1944 - 47 AD OPERA DI ARMANDO DILLON
  La Cattedrale di Taormina ha l’aspetto serrato e massiccio delle cattedrali-fortezze dell’età feudale: l’accentuate elevazione del transetto, la merlatura di coronamento, le feritoie lungo i prospetti laterali, la mancanza di elementi decorativi e di cornici mettono in evidenza questo carattere e denunciano le affinità di questo edificio con le costruzioni normanne  della Sicilia orientale. Anche all’interno presenta gli stessi caratteri nell’impostazione latina della disposizione planimetrica, nella forma e nella distribuzione delle finestre, nella curva approfondita dell’abside, nel tipo di copertura a capriate viste.
Ma i pochi e elementi decorativi che fanno parte integrante dell’architettura, come le cornici e le mensole d’imposta delle grandi arcate e le modanature delle arcate stesse, rivelano una più tarda elaborazione ed evidenti affinità con le chiese trecentesche e quattrocentesche. Abbiamo già rilevato come dal ‘300 al ‘500 si fossero conservati gli schemi ed i motivi del tempo normanno e come gli uni e gli altri venissero variamente elaborati ed associati.
Qui la costruzione ripete uno schema ed una struttura semplice e sperimentata, mentre la decorazione esprime, con i nuovi modelli e il nuovo gusto, la corrente contemporanea. La pianta della Cattedrale era costituita da un rettangolo con l’unico aggetto dell’abside. Nel volume invece le masse del transetto e delle navate risultano ben definite e differenziate.
Tra il corpo anteriore delle navate e quello trasversale del transetto manca ogni nesso costruttivo.
La particolarità è qui messa in maggior evidenza dalla continuità del muro trasversale del transetto, al limite delle navate minori e dai ristretti vani di passaggio ricavati nel muro stesso. Tra la navata principale e il transetto si apre l’ampia arcata trionfale a sesto acuto, fatta dinamica dal gioco serrato e vibrante delle costolonature e delle ghiere raccolte sopra le mensole d’imposta. Lo stesso carattere di articolazione e di limitazione è dato dalle due pareti fra le tre navate: queste risultano collegate dalla doppia serie delle quattro arcate impostate sulle colonne monolitiche di breccia rosa locale e sono limitate dalla definizione di pilastri terminali che raccolgono l’ordine architettonico in una soluzione di superficie.
Tutta l’architettura presenta il carattere di un accostamento di superfici, carattere proprio alle costruzioni basilicali-latine, ugualmente lontano dallo spirito dell’architettura classica, romana ed ellenistica, e da quella cristiana, bizantina e gotica.
E da notare la raffinata ricerca degli effetti di superficie nella concentricità delle due arcate del transetto: l’arcata trionfale, ampia e poco sopraelevata, inquadra la più ristretta ed elevata arcata absidale, e l’una si proietta sull’altra in un motivo unico di curve concentriche .
Le coperture del transetto e della navata centrale sono a tettoia vista con capriate su mensole intagliate  riproducono, con sentimento gotico, motivi tradizionali arabi. Quelle delle navate centrale sono invece più semplici, geometricamente sbozzate ed eseguite su di un unico modello. I due soffitti appaiono di epoca diversa: più tardo quello della navata centrale, che fu probabilmente restaurato e rimaneggiato in una delle fasi di modificazioni eseguite nei tempi successivi.
Anche i vani di luce appaiono di due epoche. Nel primitivo impianto, in conformità al carattere fortificato della costruzione, dovevano essere state aperte al sole finestre dei muri di sopraelevazione della navata centrale e del transetto.
Le navate minori erano munite di feritoie di cui si vedono le tracce sulla superficie muraria dei prospetti laterali.
Le finestre basse, aperte sul prospetto principale  in corrispondenza delle navate minori, debbono essere più tardi.
La monofora nella testata del transetto, ripristinata nel nostro restauro, ne ripete il disegno e le sagome.
Queste aperture, insieme ai rosoni ed ai portali, denunciano le varie successive fasi della costruzione che, nel corso dei secoli, veniva ad arricchirsi ed a farsi più aperta secondo il gusto evolventesi dei tempi e delle maestranze.
Il prospetto principale aveva, come ha, un unico vano d’ingresso. L’attuale portale seicentesco, dal timpano spezzato, vi fu inserito in breccia, in sostituzione di quello primitivo di cui possiamo immaginare il tipo, tenendo presente le coeve ed analoghe costruzioni di Taormina stessa. Penso che il primitivo portale della Cattedrale sia quello che adesso si trova sul prospetto della Chiesa dei Cappuccini. Ho osservato che esso risulta adatto alla muratura e innalzato, nel tratto inferiore, con l’aggiunta di circa 80 cm. di stipite sagomato. I due portali dei prospetti laterali, ripetendo lo schema comune dei portali trilici, con soprastante lunetta ad arco acuto e timpano chiuso, si inseriscono nella produzione decorativa dei sec. XV e XVI, è significativo l’uso persistente della pietra pomice. La decorazione di pampini e grappoli, ancora bizantina nella tecnica già rinascimentale, ha i suoi precedenti nella fascia del marcapiano con cui nel ‘300 venne decorato il parascenia del Teatro.
 
CRITICA DELLA CRONOLOGIA COSTRUTTIVA
Secondo un presunto documento custodito nell’archivio municipale la costruzione della Chiesa sarebbe stata incominciata nel 1479 con una fase di restauro alla quale possono essere riferiti i due portali laterali, le finestre basse del prospetto e quelle delle testate del transetto, i rosoni nei timpani triangolari ed anche il rifacimento della tettoia di copertura della navata principale. Si ebbe cosi, con l’esecuzione di queste opere,  in confronto della chiesa primitiva oscura e povera, un ambiente più aperto e luminoso e più rispondente al gusto del sec. XV. Il portale del prospetto principale porta la data del 1636. Potrebbero essere assegnati a questo periodo i portali  interni e gli altari del tipo gaginesco che vediamo nel transetto e lungo le pareti delle navate minori. Le due cappelle laterali all’abside sono ancora più tarde:
quella del Sacramento, a sinistra, di stile barocco, può essere attribuita alla fine del ‘600 quella detta delle Grazie, a destra, fu costruita con il reimpiego delle strutture gotiche provenienti da un demolita cappella della Chiesa di San Pietro.
La ricostruzione è evidente per le modificazioni subite dalle strutture stesse nell’opera di adattamento.
In una di queste fasi di lavori venne eseguita la trasformazione stilistica di tutta la chiesa secondo il gusto del tempo della Controriforma. Le semplici e nude strutture che ricordavano l’età medioevale e le influenze nordiche, l’ambiente chiuso e scarsamente illuminato subirono quelle modificazioni che valsero a dare un’apparente unità stilistica al sacro edificio, con una ricca veste di cornici e di stucchi e un più regolato ritmo nella distribuzione delle finestre moltiplicate ed ingrandite.
Abbiamo approssimativamente fissato le varie, successive fasi delle opere eseguite nella Cattedrale, ma nulla abbiamo potuto determinare relativamente alla sua prima costruzione. A difetto di documenti ed anche di sicuri riferimenti stilistici, analizzando i caratteri particolari dell’architettura del nostro monumento, troviamo la migliore possibile rispondenza con la personalità, l’ambiente e il tempo di Federico II d’Aragona (12961337).
Abbiamo notato come Taormina, nel periodo arabo-normanno, fosse assai ridotta nel numero dei suoi abitanti: i pochi cristiani avevano trovato nell’ambiente dell’antica Cattedrale, poveramente restaurata, la possibilità di riprendere le pratiche religiose. E’ possibile che al tempo degli ultimi normanni si fosse dato il piano e l’inizio della nuova Cattedrale.
Orientamento, planimetria, forma e struttura delle arcate, carattere fortificato dell’insieme, il Santo stesso (Nicola) scelto come patrono risponderebbero bene a questa ipotesi. Ma la costruzione, se pur iniziata, dovette essere presto interrotta e probabilmente nessun lavoro fu eseguito durante tutto il sec. XIII, nel tempo cioè degli Svevi e della mala signoria angioina.
L’inizio della costruzione, o la ripresa della costruzione già iniziata, può essere perciò fissata all’epoca della capitolazione di Federico III e della pace con la Chiesa (1335). L’estrema ed austera semplicità dell’imponente massa architettonica siciliana del ‘200 e alle esperienze occidentali delle nervature e delle volte, riflettono compiutamente la corrente gioachimitica in cui va inserita la politica e la personalità di Federico III.
 
IL RESTAURO
La Cattedrale di Taormina, come è stata descritta ed appare oggi, è il risultato di un restauro di liberazione e di ripristino eseguito dal 1944  - 1947. La veste barocca imposta alle strutture medioevali denunciava, per gli adattamenti che aveva richiesto, il ripiego, la dissonanza delle forme, l’incoerenza stilistica.
I saggi effettuati ci assicurano che le primitive strutture erano conservate in ottime condizioni e che, con poco lavoro, sarebbe stato possibile ripristinarle. Il restauro eseguito con assoluta obbiettività, senza progetti preventivamente preparati e disegnati,, è il risultato della liberazione delle strutture primitive dal pasticcio rivestimento d’intonaci e di stucchi.
Sono state chiuse le finestre rettangolari che si trovavano in corrispondenza delle arcate, del prospetto principale e del transetto, e sono state semplicemente riaperte quelle primitive con ampia strombatura interna.
La distribuzione di esse non risulta regolare: nella navata principale il vuoto delle aperture corrisponde ai pieni delle pareti; nel transetto le due aperture laterali dell’abside, ripristinate con la demolizione delle due  ingombranti e false cantorie, risultano a differente livello. E’ più bassa quella di destra dove anche la quota stradale è più bassa.
E’ stata pure ripristinata la copertura a terrazzo delle navate laterali, con l’eliminazione delle falde di tettoia sovrapposte, ottenendo così pure la liberazione completa delle luci. L’arcata trionfale, quella absidale e le due piccole arcate tra il transetto e le navate laterali risultavano le più danneggiate e manomesse dall’opera di trasformazione stilistica.
Nel restauro è stato necessario reintegrare i tratti danneggiati con nuovi conci eseguiti in calcare bianco di Siracusa.
Sono restati in sito gli elementi decorativi delle mensole e delle cornici d’imposta ritrovati con la demolizione e delle soprastrutture settecentesche. Un’anomalia resta evidente nel catino absidale, poiché la primitiva volta dovette essere demolita e ricostruita più in alto; a circa un metro al disopra della linea d’imposta si osserva la soluzione di continuità nella  curvatura dell’intradosso, soluzione rabberciata con rinzaffo di stucco. Nel complesso riteniamo che il restauro eseguito possa considerarsi felicemente positivo. Dal punto di vista estetico, è stata eliminata la goffa veste barocca che determinava, per la sua incoerenza, un senso di disagio e di incertezza. Al tempo stesso si è ottenuto il ripristino delle strutture primitive proporzionate, armoniche, stilisticamente giustificate. Dal punto di vista statico, è stato ripristinato il sistema costruttivo che, specialmente per le due grandi arcate del transetto è stato pericolosamente compromesso.
Anche l’angolo superiore di sud-est del transetto è stato consolidato con la costruzione di un cordolo tra l’iposta del tetto e la merlatura. Le breccie aperte per la creazione di nuovi vani di luce sono state murate e la fabbrica, alleggerita delle varie tonnellate di soprastrutture, è stata reintegrata nelle sue funzioni. Dal punto di vista storico, il monumento così restaurato, assume un notevole interesse poichè, per il contenuto che le forme ripristinate compiutamente esprimono, s’inserisce in un periodo particolarmente significativo della vita e dell’arte siciliana.